martedì 22 giugno 2010

AGGRESSIONE IGNOBILE AI DANNI DI DUE RAGAZZI DELLA GIOVANE ITALIA

"Stanotte (21 giugno), a colpi di bottigliate sul viso, dopo essere stati riconosciuti mentre si recavano nel parcheggio adiacente al Parco Falcone e Borsellino in XI Municipio dove è in corso di svolgimento una manifestazione dell’Estate Romana, due militanti della sezione della Giovane Italia di Via Guendalina Borghese sono stati senza motivo violentemente aggrediti da almeno dieci persone da loro riconosciute come appartenenti ad un noto gruppo di estremisti di sinistra della zona. Un gesto vile e barbaro, reso ancora più grave perché avvenuto al di fuori di un contesto politico, che ha causato il ricovero immediato dei due ragazzi presso il Centro Traumatologico Ortopedico “Andrea Alesini” della Garbatella e la dimissione con 7 giorni di prognosi ciascuno".

È quanto denunciano in una congiunta il consigliere comunale del Pdl, Andrea De Priamo, e il consigliere municipale del Municipio XI e segretario del Consiglio nazionale della Giovane Italia, il movimento giovanile del Pdl, Marco Perissa.

«Sono anni – ha aggiunto Perissa – che denunciamo costantemente e in modo circostanziato episodi di violenza e intimidazione in vari zone del Municipio XI ai danni di nostri militanti. Ieri sera l’ennesima aggressione che, per puro miracolo, non è sfociata in qualcosa di molto più grave, con il rischio di trasformare una serata di festa e divertimento in una tragedia».

«Un episodio inqualificabile – ha sottolineato il consigliere De Priamo – che non può essere trascurato e nei confronti del quale auspichiamo l’intervento immediato delle autorità competenti, affinché i responsabili di quanto accaduto ieri sera siano quanto prima assicurati alla giustizia»

«Ci auguriamo – hanno concluso De Priamo e Perissa – che tutte le forze politiche si uniscano per condannare con fermezza un gesto ignobile e vigliacco, spinto da ragioni che appartengono a quel passato di opposti estremisti che, con difficoltà e sacrificio, Roma e l’Italia intera si sono lasciati definitivamente alle spalle».

IL NUCLEO QUADRARO-CINECITTA' ESPRIME TUTTA LA PROPRIA SOLIDARIETA' ALLE VITTIME DELLA VILE AGGRESSIONE E A TUTTO IL CIRCOLO DELLA GARBATELLA, CONDANNANDO IN MANIERA DECISA L'INFAME ATTO DI VIGLIACCHERIA.

lunedì 17 maggio 2010

SE NON FIRMI, SEI ANALFABETA!




RIQUALIFICHIAMO IL PARCO
DI LARGO ZAPPALA’!


GLI INTERVENTI CHE CHIEDIAMO:

1) Bonifica immediata del giardino dalla sporcizia, dai ratti e dalle sterpaglie.
2) Sgombero delle baracche e della “tendopoli”, e spostamento dei nomadi nelle strutture adeguate ad una vita dignitosa e salubre, per un reinserimento nella società civile.
3) Recinzione dell'intero parco, con orari di apertura e chiusura prestabiliti.
4) Custodia e monitoraggio dell'area mediante la collaborazione con le forze dell'ordine o di vigilanza.
5) Manutenzione periodica e frequente del verde.
6) Creazione di un percorso natura e di un percorso benessere.
7) Realizzazione di un’area cani ampia e recintata.
8) Installazione di un'illuminazione adeguata alle norme di legge vigenti.
9) La messa in sicurezza dei piloni dell'alta tensione e degli sfiatatoi del gasdotto.
10) La creazione di un'area giochi per i bambini.
11) L'installazione di panchine e cassonetti dell'immondizia, nonché di tutti gli ulteriori interventi necessari per rendere vivibile un giardino pubblico.

FIRMA LA NOSTRA PETIZIONE!

VENERDI' 28 MAGGIO ORE 16.00
VIALE CIAMARRA (ACCANTO PARCHEGGIO POSTE)



lunedì 19 aprile 2010

IN RICORDO DI "TONY" AUGELLO

SEMPRE UN ESEMPIO PER TUTTI NOI
Roma, 11 maggio 1956 – Roma, 19 aprile 2000

"Non credo nella politica condotta contro qualcuno,
ma per qualcuno: per la comunità nazionale,
per la comunità cittadina, per i lavoratori,
per i più deboli, per i giovani, per gli anziani,
 per le famiglie.

Non vogliamo riempirci la bocca di critiche,
 ma tentare di disegnare un progetto
 e consentire a questa grande città,
la più importante d'Italia,
di tornare ad interessarsi di politica,
 ad esserne coinvolta e a sognare.
 E’ una grande ambizione e una grande speranza.”

Antonio Augello
(Dal discorso tenuto nell' aula Giulio Cesare il 18 gennaio 2000)

GIUSTIZIA PER I FRATELLI MATTEI


16 Aprile 1973 - 16 Aprile 2010

Roma, quartiere Primavalle, nella notte tra il 15 e il 16 Aprile del 1973 fu messo in atto probabilmente la strage più vile degli di piombo. Ci si trova a via Bibbenia, dove abita Mario Mattei (segretario della sezione MSI di Primavalle) e quindi deve essere fatto fuori poichè considerato "il nemico".
Tre esponenti di Potere Operaio (Achille Lollo, Manlio Grillo e Marino Clavo) decidono così di compiere un gesto assurdo. Achille Lollo riesce ad entrare nel giardino e a salire le scale del condominio mentre gli altri due fanno da palo. Arrivato al pianerottolo piazza una bomba incendiaria e versa della benzina sotto la porta in modo da fare passare il materiale infammabile così da bruciare l'unica uscita.
Il risultato fu drammatico, morirono carbonizzati i figli di Mario Mattei, Virgilio (22 anni) e Stefano (10 anni). Virglio tentò fino all'ultimo di salvare il fratellino ma non ci fu niente da fare. Gi altri componenti della famiglia sono riusciti a salvarsi buttandosi dalla finestra e calandosi dal balcone riportando comunque ferite gravi.
I responsabili della strage furono subito aiutati dalle famiglie, da Potere Operaio, Soccorso Rosso a scappare all'estero.
Nell'attesa di AVERE GIUSTIZIA, noi siamo qui per ricordare chi non è più tra noi per colpa dell'odio dell'antifascismo del tempo.

STEFANO E VIRGILIO PRESENTI PER MILLE ANNI!
 
 
Fonte: Nucleo Prati-Boccea

giovedì 25 marzo 2010

BUSI: CHI LO DIFENDE SBAGLIA.

Noi della redazione di questo blog, ci permettiamo il "lusso" di pubblicare doverosamente una risposta a tutti quei coraggiosi che,  in forma anonima, ci hanno attaccato con infamanti accuse per aver portato avanti la  nostra battaglia contro la pedofilia.

Per gli autori anonimi dei post che sono a favore di Busi rispondo nell'ordine dal primo all'ultimo con una numerazione progressiva:


1)Provocatorie o meno certe affermazioni non si fanno (stiamo parlando di PEDOFILIA), specie se sulle medesime non avviene un'operazione di "correzione". Era il'96 e non ha mai riveduto le sue posizioni. I "fatti" come li chiami tu, purtroppo ci sono stati per sua stessa ammissione. E stai tranquillo, la nostra indignazione c'è sempre, ogni qualvolta ci sia qualcosa di schifoso nella nostra società, dai preti pedofili ai politici che se lo fanno mettere nel culo mentre "pippano" cocaina con i soldi dei contribuenti. Ognuno si prenda le sue responsabilità, nelle sedi e nei tempi appropriati. Qui si sta parlando di un argomento ben preciso.

2)Nessuno ha travisato le sue parole. Ma di quali contesti parli? Certe affermazioni non si fanno e basta. Sulla pelle dei minori non si fa polemica nè pubblicità. Essere un grande intellettuale non ti da il diritto di "provocare", come dici tu, su argomenti come la pedofilia. Che abbia tradotto il Decamerone non ce ne frega niente se poi "faceva le seghe" ai ragazzini. Il pensiero va stimolato in altri modi, non credi?

3)Le informazioni di questo testo, sono "gravi" in quanto si riferiscono ad articoli ed affermazioni di terze persone che inneggiano alla pedofilia. Chi scrive, non ha nè travisato nè frainteso nulla. Per questo la documentazione relativa è stata postata. Evidentemente non ti sei degnato di leggere bene tutti i link di riferimento e di documentarti come abbiamo fatto noi, prima di scrivere. Purtroppo sei "tu" a non capire. SI STA PARLANDO DI PEDOFILIA! E se pensi davvero che si sia aperta questa discussione per farci pubblicità, sei patetico e ti invito a non permetterti più di dire certe cose, specie in forma anonima. E soprattutto ti contraddici, visto che difendi il Busi affermando che le sue frasi erano solo "una provocazione in un contesto specifico" e poi accusi noi di faciloneria e qualunquismo. Ma a cosa ti stai attaccando? Dietro a quale assurda dietrologia ti stai nascondendo? La nostra è una battaglia sacrosanta. Fortunatamente il nostro "pubblico" non "si limita a dare per vero ciò che e' stato riportato in maniera arbitraria", come dici e fai tu, ma apprezza chi come noi, documenta attentamente i propri articoli  per mantenere intatta  la personale onestà intellettuale e soprattutto apprezza chi crede e lotta quotidianamente, per un mondo migliore. Fai un passo indietro perchè le minacce da vigliacchi, noi non le tolleriamo. Dovresti ragionare di più e riflettere attentamente. Abbiamo riportato ESATTAMENTE ciò che è stato detto. Se dici il contrario, o mi porti le prove della sua innocenza e ravvedimento, o sei in malafede. E se continui ad affermare che il Busi non abbia detto e fatto nulla di male, facendo delle "distinzioni chiare e giuste", IO TI ACCUSO DI ESSERE UN VERME PEDOFILO COME LUI (e questa NON E' una provocazione).

Invito nuovamente a leggere attentamente le "fonti" dei nostri due articoli, che abbiamo regolarmente pubblicato, in particolare i video del "Costanzo Show" e l'articolo apparso su "Babilonia", che hanno per protagonista il "luminare" Busi. E dove si inneggia chiaramente alla pedofilia (di qualsivoglia genere) e all' accettazione di quest'ultima. Certe battaglie non hanno "colori" politici. Informatevi prima di attaccarci e di fare conseguenti figuracce.
I bambini sono la cosa più bella e pura del mondo. Continuando ad attaccarci, non fate un torto a noi, nè fate bene a voi. FATE SOLO SCHIFO.

P.s. Un ringranziamento speciale e la nostra stima, invece, va a chi ha condiviso la nostra battaglia, come PIERO IANNELLI
Segretario XI Municipio “ La Destra ".

-Il responsabile del blog-

domenica 21 marzo 2010

IO AVEVO SOGNATO...

"AVEVO SOGNATO UN SECOLO DI CAVALIERI FORTI E NOBILI,
DOMINATORI DI SÉ PRIMA CHE DOMINATORI DI ALTRI.
L’ESSERE UMANO SI È BARRICATO
DIETRO IL PROPRIO EGOISMO E IL PROPRIO PIACERE,
LA VIRTÙ HA ABBANDONATO IL SUO CANTO NATURALE.
L’ARIA È CARICA DI TUTTI I RINNEGAMENTI
MORALI E SPIRITUALI.
NOI USCIREMO DA QUESTO DECADIMENTO
SOLO ATTRAVERSO UN’IMMENSA RETTIFICAZIONE,
REINSEGNANDO AGLI UOMINI AD AMARE,
A SACRIFICARSI, A VIVERE, A LOTTARE E A MORIRE
PER UN IDEALE SUPERIORE.
CONTANO SOLTANTO LA FEDE, LA FIDUCIA ARDENTE,
L’ASSENZA COMPLETA DI EGOISMO E DI INDIVIDUALISMO.
CONTANO SOLTANTO LE QUALITÀ DELL’ANIMA,
LE SUE VIBRAZIONI,
IL DONO TOTALE, LA VOLONTÀ DI TENERE ALTO
AL DI SOPRA DI TUTTO
UN IDEALE
NEL DISINTERESSE PIÙ ASSOLUTO.
GIUNGE L’ORA IN CUI PER SALVARE IL MONDO
VI SARÀ BISOGNO DEL PUGNO DI EROI E DI SANTI
CHE FARANNO LA RICONQUISTA.
RESPIRARE,
RIPRENDERE A CREDERE ALLA VIRTÙ, ALLA BELLEZZA,
ALLA BONTÀ, A UN AMORE,
SENTIR DANZARE ATTORNO A SÉ SULLE ONDE
MILLE ALTRE VELE GONFIE DI VENTO
PORTATE DA UNO STESSO SOFFIO
VERSO LA STESSA CHIAMATA.
QUANDO IL MARE DORATO
VEDRÀ AFFLUIRE QUESTO BIANCORE
LA RIVOLUZIONE SARÀ IN MARCIA
LEVATA SULLE VETTE
DI QUESTA FLOTTIGLIA DI ANIME"

venerdì 19 marzo 2010

BUONGIORNO QUADRARO! UNA GIMKANA QUOTIDIANA

Eccomi, sta sorgendo il sole e fa molto freddo, ma sta per cominciare la mia fantastica giornata:

Ore 6.30

VIA DI CENTOCELLE - evito 3 cacche di cani, giro intorno ad una radice di albero e proseguo dritto dritto con la voglia di comiciare una nuova giornata alla grande, il sole oggi mi sorride;

VIA PAPIRIA - con un giro di bacino costeggio tre macchine parcheggiate sul marciapiede, sto per cadere ma ce la faccio, vedo un'altra buca ma la evito, sì oggi il sole mi sorride sto bene mi sento vivo;

VIA VESTRICIO SPURINNA (incrocio con VIA S. CURIONE) - non sò come passare c'è sempre la solita smart for four che ostruisce il passaggio pedonale, va bene ugualmente passerò sulla carreggiata;

VIA S. CURIONE (CARREGGIATA STRADALE) - una BMW mi ha fatto il pelo, rientro di corsa sul marciapiede;

VIA SRIBONIO CURIONE - la strada è allagata perchè ieri ha piovuto, vado con i piedi dentro una buca piena d'acqua, scendo sotto la fermata della metro di N. Quadrato ed aspetto quasi VENTI MINUTI prima che passi la metro;

Eccomi, ore 6:55, il sole è spuntato e fà sempre molto freddo, ma la mia fantastica giornata è cominciata...
e mancano ancora 14 ore alla sua fine!

VOGLIO RINGRAZIARE IN ORDINE:

1 Il proprietario del cane che non ha raccolto la cacca della sua bestiola e se ne fotte

2 Il Presidente del X Municipio che nonostante le nostre segnalazioni inerenti le sopra citate strade se ne fotte

3. Il proprietario della Smart For Four che pure lui, parcheggia dove vuole e se ne fotte

4. Tutti quelli che permettono tutto ciò e se ne fottono

MA SOPRATTUTTO...
LA MIA PAZIENZA, CHE NON SE NE FOTTE!

L.V.

FONTE: BLOG ASSOCIAZIONE CULTURALE "CITTADINI DEL DECIMO"

LA' FHE'ILE PA'DRAIG

BUONA FESTA DI SAN PATRIZIO A TUTTI!!!

CERTIFICATI ONLINE, ADDIO ALLE FILE!

I cittadini di Roma possono dire addio alle code agli sportelli nei municipi: d'ora in poi, i certificati anagrafici potranno essere ottenuti da casa, semplicemente collegandosi al sito del Comune. Ha debuttato ieri, infatti, un nuovo servizio online che permette di richiedere e stampare 16 tipi di certificati, tra cui quello di cittadinanza, di godimento dei diritti politici, di matrimonio, di nascita, di residenza, di stato civile, di stato di famiglia e di stato libero. Dopo la registrazione sul portale, alla quale fa seguito la comunicazione della password e del codice PIN, gli utenti potranno selezionare il certificato desiderato e pagare eventuali diritti di segreteria o bollo tramite carta di credito. I documenti saranno autenticati da timbro e firma digitali, uniti alla firma olografa del Sindaco di Roma Gianni Alemanno. I vantaggi del servizio sono molti: oltre al risparmio in termini di tempo, la nuova procedura online permetterà di contenere notevolmente i costi della burocrazia...


(SIMONE SOLARINO)

martedì 16 marzo 2010

IN MEMORIA DI ANGELO MANCIA 12-03-1980 / 12-03-2010

30 ANNI SENZA GIUSTIZIA!!!

Roma, 12 Marzo 1980
Una data impressa a fuoco, nella lunga e travagliata storia della nostra repubblica. Il luogo è questo: una strada qualunque della periferia nord di Roma, la Bufalotta. Un cancelletto di acciaio bianco socchiuso e un muretto.

12-03-‘80
Angelo Mancia esce di casa alle 8.20 del mattino, per andare a lavorare al “Secolo d’Italia”, dove lavorava come dipendente. Sta per salire sul motorino ma basta un colpo d’occhio. Anni di piombo, si vive nell’inquietudine, qualcosa non va: c’è un furgone bianco davanti al portone, lo sportello si apre, escono due tizi vestiti da infermieri. Sono (si scoprirà poi) di un gruppo mai sentito prima, “Compagni organizzati in volante rossa”. Hanno passato la notte chiusi nel pullmino, con cui si allontaneranno, dopo l’azione, per passare poi a una Mini Minor rossa, darsi alla fuga, dissolversi nel nulla. Intanto Angelo pensa: forse ce la faccio. Forse ce la posso ancora fare …

Angelo era figlio di una famiglia di piccoli commercianti, e se non avesse sentito l’irresistibile richiamo della giungla della politica, probabilmente avrebbe realizzato uno dei suoi desideri, cioè aprire un negozio di alimentari nel quartiere. Era tifoso sfegatato della Lazio, seguiva sempre la squadra, quando poteva anche in trasferta. A ventisette anni, come gli ripete la madre, “è senza arte né parte”. Ma è un militante vero. E’ l’immagine di un ragazzo temerario, un po’ guascone, ma che quando accompagna Almirante in giro per l’Italia si presenta come “Angelo, della sezione Talenti, la mejo de Roma”. Un giovane appassionato e irruento. Amato e rispettato dai suoi camerati, inviso e temuto dagli autonomi che fanno riferimento al Collettivo di Val Melaina. E proprio loro, a seguito del barbaro omicidio di Valerio Verbano da parte dei NAR, decidono di vendicarsi su Mancia. Chiunque sia il vero assassino, per una sorta di responsabilità territoriale, è Angelo a finire nel mirino della sinistra extraparlamentare, anche se ovviamente non c’entra niente.

12-03-‘80
L’unica cosa che gli viene in mente, ad Angelo, è tirargli addosso il motorino. E infatti il Benelli vola contro gli aggressori. Il primo colpo, a vuoto, infrange una vetrina.

Ma Angelo non era uno che si può raccontare con le categorie di oggi. Era uno unico, diverso, un camerata che non aveva paura di nulla, ma non certo un insensibile. Sono i ricordi di chi l’ha conosciuto. Di chi con lui, tre giorni prima che l’ammazzassero, stava cenando in una pizzeria. E la mente riporta alla luce l’attentato a Verbano e che i comunisti avevano deciso che quello da far fuori era lui. La sezione Talenti letteralmente ricoperta di scritte, insulti, minacce di morte di cui la più tenera era qualcosa del tipo: “Mancia è giunta la tua ora, ti ammazzeremo come un cane”. Il suo amico era preoccupato davvero e lo pregò: “Ma che fai, non ti proteggi? Stai attento!” E lui: “Mannò, non è niente … Io nun c’ho paura”. Ma verso la fine della cena, complici due o tre bicchieri, guardando il suo amico in faccia, con una strana luce negli occhi, invece di tranquillizzarlo, all’ennesima insistenza, gli chiese: “Ma tu che dici? Noi fascisti, quando moriamo dove annamo a finì? All’inferno o in paradiso?” In questi anni non c’è tempo nemmeno per i morti, figuriamoci per i vivi; eppure spesso sopravvivere è più difficile che morire.

12-03-‘80
Una pallottola ce l’hai già nello stomaco, la seconda ti perfora il torace, ma sei vivo. Allora corri zoppicando verso il portone, basterebbe un momento: ma mentre lo pensi arriva un altro proiettile e ti schianta a terra. Manca poco.

I “Compagni organizzati in volante rossa” furono una sigla pressoché sconosciuta agli inquirenti. Le loro tracce sono labili e incerte, se non addirittura misteriose. Ebbero il loro triste battesimo del fuoco nel 1979, con un attentato in cui sono rimasti gravemente feriti un medico missino e suo figlio. Il 7 maggio 1980 hanno colpito ancora, stavolta con un attentato dinamitardo contro la tipografia Alternativa, la stessa dove si stampa –oltre a diversi periodici socialisti e democristiani- il Secolo d’Italia. Il 9 marzo dello stesso anno, attaccano i locali della famosa sezione di via Sommacampagna, quella di Teodoro Bontempo, Gianfranco Fini e Maurizio Gasparri. Se i due futuri dirigenti e l’ex presidente di An sono ancora vivi si deve a una pura coincidenza. Un militante è entrato in un ripostiglio per prendere un barattolo di colla e si è ritrovato davanti a un ordigno ad orologeria collegato a sei chili di polvere da mina. Poteva essere una strage. Il 13 marzo un altro attentato, stavolta contro il redattore capo del Secolo d’Italia e un’altra strage evitata per miracolo. Il 2 settembre i terroristi fanno saltare per aria anche la libreria Europa, il cuore editoriale della corrente rautiana. Poi più niente. Venti mesi di attentati pianificati con cura meticolosa e attenta graduazione degli obiettivi, per poi sparire senza lasciar tracce, come volatilizzati nel nulla.

12-03-‘80
In terra un lago di sangue. Tendi la mano verso il portone, ti manca il fiato, non ce la fai. Uno dei due killer ti arriva alle spalle, la pistola in mano. Solo un colpo alla nuca, poi il buio. Contro il corpo sono stati esplosi sei colpi di pistola calibro 7,65 che, rivelerà l’autopsia, sono andati tutti a segno. L’ultimo è stato quello di grazia. L’attentato viene rivendicato da una telefonata a la Repubblica: “Qui Compagni organizzati in volante rossa. Abbiamo ucciso noi il boia Mancia”.

Un boia? No! Nella memoria di chi lo conosceva, un puro, d’animo e di cuore. Uno che non guardava in faccia a nessuno. Un leader vero. Un capo che ti motivava e che scendeva per primo nelle strade a lottare per un ideale. Un ragazzone buono ma determinato. Era una tigre, e non a caso in quei giorni, in cui spopolava sui teleschermi “Sandokan”, se ne uscì con un gigantesco bandierone sulla sua 500, con scritto sopra: MANCIOKAN. Era così Angelo.

Il giorno del funerale di Mancia, dopo la cerimonia, si verificano incidenti per le strade del centro cittadino: restano ferite dodici persone. Il partito è un calderone ribollente di rabbia. Il cadavere è ancora caldo, la piazza ancora una volta piena, il comizio di Giorgio Almirante incandescente: “Al bestiale e blasfemo urlo dei barbari noi opponiamo le grida degli uomini forti e vivi che per ogni caduto sono pronti a combattere nel tuo nome, Angelo, con il metodo della libertà, per la libertà."

Oggi, nel trentennale della morte di Angelo Mancia, quelle parole non si sono asciugate nell’inchiostro di un manifesto o nel rito della commemorazione. E’ un epigrafe che diventa grido, urlo. Contro un martirio che da trent’anni aspetta risposta. Che non ha giustizia. Perché nessuno verrà mai arrestato, nessuno verrà mai indagato o processato. Nessuno si pentirà mai o parlerà. Eppure chi fossero gli assassini era chiaro a tutti. Avevano firmato perfino un manifesto il giorno seguente il vile attentato, con cui vigliaccamente avevano tappezzato il quartiere. Eppure le autorità non fecero niente. Ma noi non dimentichiamo, e nella nostra memoria è inciso come segno indelebile, l’esempio del suo estremo sacrificio. E allora una piccola rivincita, doniamogliela noi, col cuore puro. Perché a trent’anni di distanza e per mille anni ancora, leviamo sempre forte quella voce, che senta bene fra le stelle, che chi cade combattendo non muore mai:

“CAMERATA ANGELO MANCIA … PRESENTE!”


Fonte: rielaborazione critica a cura di Accio, del capitolo "Manciokan era così", del libro "Cuori Neri" di Luca Telese.

AGGREDITO IL FIGLIO DI ALEMANNO

Assaltato da sette immigrati, lo avevano scambiato per un'altra persona.
(16 marzo, 09:54)
ROMA - ''Eccolo e' lui e' quello che ci ha aggrediti la settimana scorsa, prendiamolo e gonfiamolo'': cosi' con questa frase nel giro di pochi istanti Manfredi, il figlio quindicenne del sindaco di Roma Gianni Alemanno ed un suo amico di 16 anni ieri sera si sono visti piombare addosso un gruppo di 7 giovani, quattro maggiorenni e tre minorenni, italiani ma figli di immigrati, in piazza Euclide nel quartiere Parioli a Roma. Pochi attimi e i due giovani sono stati colpiti con schiaffi, pugni e spintoni. Nel corso della lite pero' Manfredi e il suo amico sono riusciti a fuggire e ripararsi nel vicino bar Thomas da dove hanno avvertito la polizia. Gli agenti del vicino commissariato nel frattempo erano gia' stati chiamati da un testimone che aveva assistito alla scena e in pochi attimi sono arrivati in piazza Euclide. La polizia quindi ha identificato il gruppo di giovani aggressori tutti originari di Capoverde e delle Filippine e le due giovani vittime scambiate per altri due ragazzi che qualche giorno prima avevano avuto uno screzio col gruppo di giovani italiani di origine straniera. Sia il figlio del sindaco Alemanno sia l'amico hanno raccontato alla polizia di aver percepito di essere stati scambiati per altri due ragazzi e, nello stesso tempo, il gruppo di aggressori interrogati da funzionari della Digos romana hanno raccontato la stessa versione. Secondo gli accertamenti della polizia la vicenda e' stata chiarita in breve tempo ma all'origine nessuna altra motivazione se non quella raccontata sia dalle vittime sia dagli aggressori. Per questo motivo la moglie del sindaco Alemanno, Isabella Rauti e la mamma dell'altro giovane aggredito non hanno sporto denuncia. Nessuno dei sette ragazzi identificati dalla polizia ha precedenti penali, sono tutti studenti e figli di immigrati che in Italia lavorano regolarmente.

FONTE: ANSA.IT

domenica 7 marzo 2010

ALDO (A)BUSI – DOVREBBE ESSERE MANDATO SU UN' ALTRA ISOLA … L’ASINARA!

Rieccoci a parlare di Aldo Busi … In seguito alle numerose richieste e segnalazioni giunteci sulla nostra casella e-mail dopo l’articolo pubblicato nel post di febbraio (vedere link a destra), abbiamo deciso di riprendere l’argomento e di continuare la nostra battaglia. Noi del Nucleo Quadraro Cinecittà, abbiamo deciso di sposare appieno la causa che vuole il sig. Busi fuori dal programma televisivo “L’isola dei famosi”. Ci continuiamo a domandare, infatti, come sia possibile che un simile soggetto sia ancora libero di apparire tranquillamente sugli schermi televisivi. In più noi chiediamo che sia fatta piena luce sulle affermazioni fatte dallo scrittore sulla pedofilia, anche e soprattutto in sede giudiziaria. Affermazioni gravissime e molto pericolose, che non sono mai state né smentite né rivedute dal Busi. Per questo invitiamo tutti i cittadini ad inviare email di protesta all’indirizzo internet de “L’isola dei famosi” isola@rai.it , affinché venga immediatamente espulso dal programma.

Dobbiamo smettere di essere spettatori passivi e far sentire forte la nostra voce. Il canone Rai viene pagato da noi, ed è con quello che viene “stipendiato” Aldo Busi. Non che sulle emittenti private un simile schifo possa essere tollerato, ma che addirittura gli si dia spazio sulle reti statali finanziate dai contribuenti è troppo! Tralasciando (nostro malgrado) gli atteggiamenti e il linguaggio vergognoso che il Busi utilizza regolarmente nel programma (vedere i filmati in cui “tocca il c…” dei concorrenti o utilizza di continuo volgari riferimenti sessuali), specie in prima serata e quindi anche di fronte ai più piccoli, perché su questo argomento andrebbe rivista la quasi totalità della televisione italiana, noi speriamo che certi deprecabili episodi non passino più come semplice spettacolo da audience. Ci vorrebbero lobotomizzati a subire il loro modo di fare spettacolo, pronti ad applaudire a comando o a fischiare a loro piacimento, fagocitando tutto nel nome dello share e del profitto. Ma sulla pelle dei nostri bambini, non permetteremo di incidere i loro conti correnti. Scandaloso è pure il fatto che nessuno né parli. Né stampa, né radio né ovviamente la televisione. Tranne un coraggioso presentatore radiofonico, nulla è stato fatto per portare allo scoperto questo schifo. Solo su internet si può leggere qualcosa. A proposito… Quasi dimenticavo. Il famoso video incriminante in cui Aldo Busi esternava certe porcherie al Costanzo Show e che “misteriosamente” era scomparso dalla rete, è riapparso ancor più “misteriosamente” da un giorno all’altro. Mistero della “tele”.

P.S.
Documentarsi è la prima arma che abbiamo per non subire inermi ogni sorta di abuso. Per difendere noi stessi, i nostri cari, le idee e i valori in cui crediamo e per i quali viviamo e lottiamo. Andate a leggere i link che postiamo nuovamente, affinché ognuno di voi sia pienamente consapevole delle motivazioni che animano la nostra battaglia.

http://denunciapedofilia.spazioblog.it/ (il testo integrale dell’articolo di Busi apparso sulla rivista “Babilonia” nel 1996 dal titolo “Scusi, mi dà una caramella?”)

http://www.dalpaesedeibalocchi.com/2009/08/pedofilia-maurizio-costanzo-aldo-busi-vittorio-sgarbi-e-lon-giovanardi-cosa-successe-nel-lontano-1996/ (da cui è stato tratto l’articolo)
http://forum.radicali.it/content/omofobia-e-pedofobia-le-due-facce-della-stessa-medaglia (da galera)
http://www.soschild.org/modules.php?name=News&file=article&sid=446 (da piangere)
http://www.youtube.com/watch?v=cmHRZwLZavA&feature=PlayList&p=A4B8C9050FC965B8&playnext=1&playnext_from=PL&index=31 (l'unico video che circolava fino a pochi giorni fa)

scritto da "ACCIO"
-NUCLEO QUADRARO CINECITTA'-

CASE POPOLARI: IL COMUNE APPROVA IL NUOVO PIANO

Nuove case popolari (ERP) e nuovi appartamenti a basso costo ("housing sociale") per giovani coppie, famiglie disagiate, studenti, lavoratori fuori sede. Dopo il via libera della Giunta capitolina a novembre 2009, il Consiglio Comunale ha approvato il piano casa per la Capitale, aumentando il numero degli alloggi popolari (edilizia residenziale pubblica) da 3.000 e 6.000. In tutto, dunque, 26.750 case da costruire, più 9.000 che costituiscono il "residuo" delle previsioni di Piano Regolatore. Primo punto saliente del piano, i sistemi e i metodi per realizzare nuovi alloggi: acquisizione di appartamenti da destinare all'edilizia residenziale pubblica, aumento di densità di aree già edificabili, modifica di destinazioni d'uso (di zone o fabbricati non residenziali) per ricavare case, reperimento di nuove aree edificabili ("ambiti di riserva").E’ stato approvato dal consiglio comunale il nuovo piano casa, sono state introdotte interessanti novità tra le quali la costruzione di case a basso costo “housing sociale” per giovani famiglie e per disagiati nonche’ case per studenti fuori sede. In totale le case da costruire saranno 36.000 ed inoltre un altro punto interessante del piano è l’aumento di densità di aree già edificabili , la modifica di destinazioni d'uso (di zone o fabbricati non residenziali) per ricavare case ed infine il reperimento di nuove aree edificabili ("ambiti di riserva").

Simone Solarino - Nucleo Quadraro Cinecittà

mercoledì 3 marzo 2010

IL CAVALIERE, LA MORTE E IL DIAVOLO ...

“Nulla è più bello dell’uomo quando avanza …
 Il soldato che esce dalle fila e si dichiara volontario …
L’eroismo, selvaggia creazione di sé, ad opera di sé stesso, dell’uomo,
ad opera dell’uomo.
Tutto scricchiola nel cuore degli altri uomini quando uno di loro si fa avanti di due passi, si stacca dalla riga e così forgia intorno a sé una barriera invalicabile di rispetto.
 Le madri e le fidanzate supplicano e non capiscono che possono avere per rivale la morte.
-Non farti avanti! Torna indietro!-.
E’ tardi.
Il figlio o l’amante ha udito l’incredibile appello di un altro amore e volge verso le donne
un viso d’ombra, uno sguardo vuoto.
 –Non ci conosce più!- urla la madre.
E’ vero.
Lui non è più lo stesso, da quando si è fatto avanti.
Non ha più un passato.
Donne vi è straniero perché egli ha scelto di nascere
una seconda volta
ed è uscito, in quell’istante,  non dalle vostre viscere,
ma da se stesso”

JEAN CAU, -IL CAVALIERE, LA MORTE E IL DIAVOLO-

IL CROCEFISSO NON SI TOCCA!

VIA CRUCEM – In questi giorni è stato accolto il ricorso dello Stato Italiano contro la sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’ Uomo, che prevedeva la rimozione (pena sanzioni amministrative) del CROCEFISSO dalle aule scolastiche.
Ovviamente è subito riesplosa la polemica tra favorevoli e contrari, ma procediamo con ordine:
“C’era una volta … ’’
IL FATTO – La signora Soile Lautsi, ha presentato ricorso alla Corte di Strasburgo (conro lo Stato Italiano), in proprio e in qualità di esercente la potestà genitoriale, lamentando che l’esposizione del Crocefisso nelle aule della scuola pubblica frequentata dai suoi figli, D. e S. A., rispettivamente di undici e di tredici anni, avrebbe costituito un’ingerenza incompatibile con la libertà di pensiero e di religione, nonché con il diritto ad un’educazione e ad un insegnamento conformi alle proprie convinzioni religiose e filosofiche.
E così, dal Luglio 2002 fino ad oggi, vari e tanti processi, culminati nella fatidica …
SENTENZA – “Corte Europea dei Diritti dell’Uomo” -Sez. II°- Decisione 03/11/2009 Lautsi contro Italia (Ricorso n° 30814/06):
Articolo 2, prot. 1 (Diritto all’Istruzione), Articolo 8 (Diritto al rispetto della vita famigliare e privata), Articolo 9 (Libertà di pensiero, di coscienza e di religione), Articolo 10 (Libertà di espressione) della Convenzione.
“L’esposizione del crocifisso nelle scuole lede la libertà di aderire ad una religione,diversa dalla cattolica, ma anche quella di non aderire ad alcuna religione, specie se collegata a personalità in formazione, quali quelle dei discenti.”
Così, dopo la rimozione, avvenuta qualche anno fa, della Croce dai seggi elettorali, si continua a dibattere tra ricorsi e polemiche, senza rendersi conto che proprio in questo modo, il mondo laico, Lo sta rimettendo in croce. Tutto questo non possiamo accettarlo.
Ma con tutti i problemi che ci sono oggi nelle scuole, togliere uno sei simboli più semplici e puri della nostra cultura umana e spirituale, è l’unica preoccupazione del mondo laico? Da non credere …
Forse la Corte di Strasburgo e la mamma finlandese non ricordano, o preferiscono ignorare, che proprio la nostra cara vecchia Europa ha come bandiera un simbolo cristiano.
Lo stesso ideatore Arsène Heitz, infatti, ha affermato di essersi ispirato alla Corona di Stelle della Madonna della “Medaglia Miracolosa” di Lourdes per le stelle d’oro rappresentanti i Paesi Europei e al Mantello di Maria per il colore blu.
O forse dovremmo cambiare le nostre bandiere, dal momento che Stati laici come Finlandia (patria della signora Lautsi), Svezia, Norvegia, Danimarca, Svizzera, Inghilterra, Scozia e Spagna si professano Paesi laici ma hanno sulle loro bandiere la Croce Cristiana?
Per non parlare dei nostri stemmi regionali, provinciali e comunali, che a centinaia, hanno sui propri vessilli la “famigerata” Croce. A cominciare proprio da Roma.
Continuando con gli stemmi delle società sportive fino ad arrivare addirittura a quelli di importanti case automobilistiche, la Croce ha rappresentato e rappresenta un simbolo per noi irrinunciabile e vitale.
Secondo Strasburgo dovremmo rinunciare alle nostre tradizioni spirituali e culturali per dimostrarci laici, quindi moderni, quindi migliori (???). Non diciamo eresie.
A questo punto, forse, dovremmo togliere anche le “cappellette” che si trovano ai lati delle nostre vie o tutte le magnifiche opere d’arte a carattere religioso che sono esposte nei luoghi pubblici?
Allora rimuoviamo anche alcuni segnali stradali, come il divieto di fermata, l’intersezione con diritto di precedenza, l’intersezione con precedenza a destra e la “Croce di Sant’Andrea”, che indica i passaggi a livello sprovvisti di barriere o semibarriere. Non sia mai che qualcuno venga multato per una croce …
Ora, io mi chiedo, è così che voi laici manifestate il vostro pensiero? Commettendo, anche se con modalità fortunatamente diverse, i nostri stessi errori? Ieri c’era la Santa Inquisizione, oggi la “Laica Inquisizione” rappresentata dalla Corte Europea?
Tra qualche tempo saremmo costretti a cambiare pure il nostro Inno Nazionale, specie il verso che recita “… Che schiava di Roma Iddio La creò …”.
Lo spirito con cui ci stiamo evolvendo (?) è veramente misero. In fin dei conti, che crediate o no alla “divinità” di Gesù Cristo, non sarebbe meglio se tutti noi applicassimo il suo insegnamento? L’amore per il prossimo.
E invece, con la vostra superficiale protesta, ecco quello che state facendo. State mettendo un’altra stazione alla Via Crucis, la tredicesima: - Gesù è deposto da ogni luogo -.
Solo una cosa mi sento di dire: “Signore, perdona loro, perché non sanno quello che fanno.”


ACCIO - NUCLEO QUADRARO CINECITTA'

domenica 28 febbraio 2010

MIKIS MANTAKAS VIVE!

Il 24 febbraio 1975 iniziava, presso il Tribunale penale di Roma, il processo contro i tre attivisti di Potere operaio accusati di aver deliberatamente provocato un incendio nella casa di Mario Mattei, segretario della sezione missina di Primavalle, causando la morte dei suoi due figli.

Nella giornata stabilita il processo inizia. All’esterno del tribunale le forze dell’ordine presidiano la piazza, e la stessa cosa avviene nelle piazze più importanti dei quartieri confinanti con il palazzo di giustizia. Fin dalle prime ore della mattinata folti gruppi di extraparlamentari di sinistra tentano di aggredire i giovani di destra che stazionano fuori del tribunale non essendo riusciti ad entrare in aula. Nonostante la presenza delle forze dell’ordine, nascono sporadici tafferugli. Poco dopo i vari gruppi di sinistra, riunitisi per l’occasione, danno vita ad una vera e propria guerriglia urbana, provocando vari feriti anche tra i passanti. Stesse scene di violenza nei tre giorni seguenti, in cui gli extraparlamentari, con manifesti e appelli sui giornali e radio di sinistra, invitano tutte le forze antifasciste a partecipare al processo.

L’invito viene raccolto e il 28 febbraio, giorno della terza udienza del processo, già dalle sei di mattina confluiscono nella zona del tribunale gruppi di attivisti equipaggiati per la guerriglia urbana. Già alle 6.30 del mattino si verificano i primi incidenti: un dirigente del FDG viene aggredito a colpi di pistola, per fortuna senza conseguenze.
Poco dopo un gruppo di circa cento extraparlamentari di sinistra compie un attacco in forze ai giovani di destra che stanno entrando in tribunale: una pioggia di sassi e bastoni tempesta i ragazzi di destra, che non possono fare altro che premere sulla porta del tribunale. Vengono anche sparati alcuni colpi di pistola, che raggiungono uno dei giovani di destra alla gamba. Accerchiati dagli avversari, i giovani di destra riescono ad entrare in tribunale dopo che qualcuno ha aperto la porta.
L’assalto è durato qualche minuto e vari giovani di destra sono costretti a ricorrere alle cure dei sanitari per le ferite riportate.
Intanto in aula inizia l’udienza. La tensione rimane comunque alta: nella sala antistante l’aula processuale si verifica uno scontro tra un giovane di destra ed un extraparlamentare di sinistra, fermati e identificati dalla polizia: il secondo, Alvaro Lojacono, sarà rilasciato poco dopo le 11.00 per l’intercessione di un senatore del PCI. Tornato in libertà, si allontana seguito da un gruppo di extraparlamentari.
Mezz’ora dopo, quasi fosse un piano prestabilito, diversi focolai di guerriglia si accendono nei dintorni di Piazzale Clodio. Alle 11.30 si forma un corteo che scorrazza per venti minuti, fino a sciogliersi improvvisamente: il gruppo più consistente, circa cinquecento persone, ingaggia una durissima lotta contro la polizia, quasi a coprire lo sganciamento di un altro gruppo di circa ottanta attivisti, che si allontana inosservato in piccoli gruppi. Il grosso del gruppo tenta prima un assalto alla sede della RAI di via Teulada, impedito dalle forze dell’ordine, poi brucia alcuni cassonetti e ingaggia nuovamente scontri con la polizia.
Nel frattempo il gruppo che si era staccato dal corteo alle 12.45 circonda un’autocivetta della polizia e aggredisce violentemente gli agenti a bordo, minacciando con varie pistole un agente accorso in aiuto dei colleghi.
Il gruppo, dileguatosi rapidamente, si dirige verso via Ottaviano, evidentemente sapendo che i giovani del MSI, dopo i gravi incidenti della mattinata, si sono rifugiati nella loro sede sita proprio in via Ottaviano. Alle 13.15 circa inizia l’azione degli extraparlamentari di sinistra che culminerà con l’omicidio di MIKIS. I comunisti arrivano in via Ottaviano alla spicciolata: sono oltre cento, mentre nella sede missina si trovano non più di venticinque persone. Fuori del portone non c’è nessuno che si accorge della manovra di avvicinamento. Non sono presenti neanche le forze dell’ordine.
Dal gruppo degli aggressori partono le prime bottiglie incendiarie, che vanno a colpire il portone d’ingresso dello stabile nel cui sottoscala si trova la sezione missina. I giovani del MSI escono immediatamente, ma non possono raggiungere la strada perché tutto il tratto di corridoio che conduce al portone è invaso dalle fiamme e dal fumo. Probabilmente a questo punto qualcuno degli aggressori apre il fuoco verso l’ingresso dello stabile ma i giovani assediati, nel trambusto, non se ne accorgono. Tra i giovani missini c’è qualcuno che, superato il muro di fiamme, riesce a raggiungere il portone prima che i comunisti riescano ad entrare.
I giovani assediati si dirigono a questo punto verso l’altra uscita del palazzo, alla quale si arriva attraversando un cortile interno, che si affaccia su Piazza Risorgimento. Dal portone sulla piazza i giovani del MSI riescono ad uscire, dirigendosi verso l’angolo tra Piazza Risorgimento e via Ottaviano. Non sono più di una decina, e tra loro c’è Mantakas. I comunisti si accorgono della manovra e fingono di ripiegare su via Ottaviano. Alcuni di loro però si appostano dall’altra parte della strada, mentre il grosso si allontana.
Appena i giovani di destra giungono all’angolo i comunisti, disposti a raggiera di fronte all’angolo stesso, aprono il fuoco. Avanti a tutti, in mezzo alla strada, Alvaro Lojacono, armato di una pistola a tamburo di grosso calibro. Sono attimi tremendi: sottoposti al fuoco incrociato di almeno cinque pistole, i giovani missini cercano rifugio dietro le auto parcheggiate. Vengono esplosi numerosi colpi e la velocità di fuoco dei comunisti, confermata da alcuni testimoni, è impressionante.
Sotto il fuoco cade MIKIS MANTAKAS, colpito alla testa da un proiettile che gli attraversa tutto il cervello. A questo punto i comunisti si ritirano, non prima di aver lanciato alcune molotov. Solo ora i missini si accorgono che uno di loro è gravemente ferito: Mikis è a terra in una pozza di sangue, senza conoscenza. I camerati sollevano il suo corpo e lo trasportano a braccia all’interno del portone di Piazza Risorgimento, dal quale erano usciti pochi minuti prima.
I comunisti tentano immediatamente un nuovo attacco in forze, dirigendosi velocemente verso l’entrata che i missini tentano di guadagnare. Avviene quindi la seconda parte dell’assalto: gli aggressori si accalcano all’ingresso e lanciano alcune bottiglie molotov, una delle quali colpisce il corpo di Mikis. Ne nasce un durissimo scontro, nel quale hanno momentaneamente la meglio i missini, che riescono a chiudere il portone. Dall’esterno gli aggressori si avventano sul portone stesso, che inizia a cedere sotto i loro colpi. All’interno gli assediati provvedono ad allontanare il corpo di Mikis da dietro il portone e si allontanano dal corridoio, ripiegando nel cortiletto interno e chiudendo una porta a vetri ed un cancello che dividono l’ingresso dal cortile.
Prevedendo che da un momento all’altro il portone avrebbe ceduto sotto i colpi degli aggressori, i giovani del MSI, una volta trasportato nel cortile il corpo esanime di Mikis, lo richiudono dentro un garage privato. Proprio nel momento in cui i comunisti sfondano il portone, i giovani missini chiudono la saracinesca: uno di loro resta vicino a Mikis che, dal momento in cui è stato colpito, è privo di conoscenza. Altri cercano rifugio nella sezione sentendo che, appena entrati nel corridoio, i comunisti hanno sparato. Alcuni ragazzi riescono ad entrare ma altri rimangono fuori: non sapendo che vi era stata una momentanea interruzione dell’energia elettrica infatti, uno dei missini con un movimento brusco e involontario chiude il portoncino blindato della sezione, che si aziona con un congegno elettrico. Chi è dentro la sezione quindi non può più uscire ad aiutare gli altri che sono rimasti fuori.
Mentre all’interno della sezione missina si cerca disperatamente di ripristinare la corrente, i comunisti superano facilmente la porta vetrata e la cancellata, non smettendo mai di sparare. I giovani del MSI rimasti fuori dalla sezione intanto, per non restare intrappolati, ritornano nel cortiletto. Prima di loro giungono però gli aggressori che, avendo sentito il rumore di una saracinesca che si chiudeva e credendo che all’interno vi fossero alcuni dei loro avversari, sparano numerosi colpi verso il garage centrale, che si trovano di fronte appena entrati e dove ritengono si siano rifugiati i missini. L’errore salva senza dubbio la vita del giovane che era rimasto a custodire il corpo di Mikis. E’ l’attimo in cui irrompono nel cortile anche i missini rimasti fuori dalla sezione.
Tra gli aggressori c’è un attimo di sbandamento: evidentemente non si accorgono dell’esiguità del numero e credono che stia per uscire il grosso degli avversari. Mentre la maggior parte dei comunisti fugge per il portone appena sfondato, una parte di loro resta nel cortile, dove prima lancia alcune molotov e poi apre di nuovo il fuoco, colpendo ad un fianco un ragazzo del FDG di 17 anni. A questo punto, mentre i giovani di destra cercano di portare al riparo il ragazzo ferito, i comunisti fuggono. Nel frattempo quelli rimasti chiusi nella sezione riescono a sfondare la porta e si dirigono verso il portone di via Ottaviano, con l’intento di inseguire gli aggressori: costoro sono però riusciti a far perdere le loro tracce, confondendosi nel fuggi fuggi generale conseguente alla sparatoria, nella quale peraltro è rimasto ferito anche un passante. Le vittime della furia omicida dei rossi sono quindi tre. Il più grave è senz’altro Mikis, che perde dalla testa e subisce una fuoriuscita di materia cerebrale. Sono trascorsi 15 minuti dall’inizio dell’assalto e le forze dell’ordine ancora non sono intervenute.
Pochi attimi dopo l’assalto transita per Piazza Risorgimento un appuntato di PS che, vedendosi attraversare la strada da due persone armate, si getta all’inseguimento dei due fuggitivi, che fanno fuoco contro di lui. Essendosi divisi nella fuga, il poliziotto ne insegue uno, che entra improvvisamente in un portone. L’agente, temendo un agguato, lo attende fuori. Poi decide di entrare nello stabile; in quel momento sta uscendo un ragazzo, che non ha un soprabito come la persona inseguita. L’appuntato però lo riconosce e lo blocca. A questo punto l’altro fuggitivo torna sui suoi passi e spara all’indirizzo dell’agente, dileguandosi poco dopo. L’agente riesce a chiamare rinforzi, che prendono in consegna l’arrestato, che si chiama Fabrizio Panzieri. In una delle tasche dell’impermeabile indossato dal fuggitivo, ritrovato all’interno del portone in cui era entrato, viene ritrovata una pistola ancora calda.
Intanto a Piazza Risorgimento, circa dieci minuti dopo che era terminato l’assalto, giungono i primi soccorsi. Mentre Mikis è sempre disteso all’interno del cortiletto, arriva infatti un’ambulanza dei vigili del fuoco, che porta il ragazzo al Santo Spirito. Dopo cinque minuti iniziano ad arrivare le prime volanti, che danno vita ad uno spettacolare quanto inutile carosello, assolutamente inidoneo a rintracciare i responsabili dell’agguato.
Due giovani missini sono a questo punto avvicinati da una persona che dice di essere stato testimone oculare dell’intera scena: dice che i comunisti con le armi in pugno erano almeno cinque, e che gli sono passati davanti durante la fuga. I giovani missini si allontanano un attimo per andare ad avvisare i carabinieri, e quando tornano il testimone è misteriosamente sparito. Di lui non si saprà più nulla.
All’ospedale Santo Spirito i medici si accorgono subito della gravità delle condizioni di Mikis: il giovane greco è in coma. Dopo numerose trasfusioni, si decide di trasferirlo al San Camillo per operarlo d’urgenza. Quando arriva in ambulanza sono le 14.30. Si continua con le trasfusioni, non essendo possibile operarlo subito a causa della fortissima emorragia. Alle 15.30 i medici decidono di operare comunque. Poco dopo le 16.00 inizia l’operazione, nel corso della quale viene estratto un proiettile di grosso calibro. L’intervento dura poco più di due ore. Alla sua conclusione, mentre i medici sono intenti a suturare, MIKIS MUORE.
Nella tarda serata del giorno successivo, dopo una serie di voci non confermate, si apprende da un servizio dell’ANSA che la persona che ha sparato contro Mantakas uccidendolo ed è poi fuggito insieme a Panzieri è Alvaro Lojacono.
Il 3 marzo il MSI annuncia per il pomeriggio una cerimonia funebre in memoria di Mantakas: la zona adiacente la chiesa è presidiata da un ingente schieramento di forze dell’ordine, che non riescono però ad impedire una serie di gravi incidenti. Nella chiesa intanto, in un clima di forte commozione, si portano a termine i funerali di Mantakas.
Alle 20.45 dello stesso giorno un dispaccio ANSA afferma che sono stati emessi due ordini di cattura per l’omicidio di Mikis Mantakas: uno contro Alvaro Lojacono, l’altro contro Enrico Panzieri. Da questo momento comincia per Lojacono il periodo di latitanza, favorito dal PCI, del quale il padre è un pezzo grosso. Riesce infatti ad espatriare e per l’omicidio di Mantakas, per il quale è stato condannato a 16 anni di reclusione, non si fa neanche un giorno di carcere. La latitanza di questo assassino si è finalmente conclusa il 2 giugno 2000 in un villaggio vacanze in Corsica, quando è stato arrestato dalla polizia francese.
Quello di Mikis è l’ennesimo omicidio impunito di un giovane idealista che credeva nella libertà e nel coraggio, che lottava quotidianamente per dare concretezza ai suoi ideali. Il suo sacrificio, come quello di tutti i ragazzi che come lui hanno dato la vita per quello in cui credevano, deve essere per noi uno stimolo fortissimo a non lasciarci scoraggiare dalle difficoltà quotidiane, a continuare nell’impegno che loro prima di noi hanno portato avanti, a tenere sempre in alto la fiaccola dell’idea che le loro mani non possono più stringere ma che ora brucia fiera nelle nostre.

Ο ΜΙΚΗΣ ΜΑΝΤΑΚΑΣ ΖΕΙ - Η ΑΝΑΜΝΗΣΗ ΤΟΥ ΠΑΡΑΜΕΝΕΙ ΖΩΝΤΑΝΗ ΣΤΙΣ ΚΑΡΔΙΕΣ ΜΑΣ, ΣΤΟΝ ΑΓΩΝΑ ΜΑΣ, ΣΤΟ ΑΥΡΙΟ ΠΟΥ ΜΑΣ ΠΕΡΙΜΕΝΕΙ ! ! !
MIKIS MANTAKAS VIVE - IL SUO RICORDO RIMANE VIVO NEI NOSTRI CUORI, NELLA NOSTRA LOTTA, NEL DOMANI CHE CI ASPETTA ! ! !

Il Nucleo Quadraro Cinecitta' rende onore alla memoria di un martire europeo.

sabato 27 febbraio 2010

CUBA, ONDATA DI SCIOPERI DELLA FAME: CACCIA AI BLOGGER PER LE VIE DELL'AVANA

Il grido di Yoani Sanchez sul Web:
«Il regime non conosce la libertà»
La situazione a Cuba dopo la morte di Orlando Zapata Tamayo continua a essere incandescente. Quattro prigionieri e un dissidente hanno cominciato nelle ultime ore uno sciopero della fame per protestare contro le autorità che hanno lasciato morire l’operaio di 42 anni. Il dissidente più famoso, in sciopero di fame da mercoledì nella sua abitazione di Santa Clara (centro dell’isola), è il giornalista Guillermo Farinas (foto sopra). Farinas ha fatto diversi scioperi della fame, l’ultimo di sei mesi nel 2006, quando le autorità lo hanno alimentato per via intravenosa. I prigionieri Eduardo Diaz Fleitas e Diosdado Gonzalez Marrero hanno cominciato lo sciopero mercoledì, Fidel Suarez Cruz e Nelson Molinet Espinoso giovedì. Tutti quanti si trovano incarcerati a Pinar del Rio (ovest dell’isola). La blogger Yoani Sanchez sta raccontando la situazione, sempre più convulsa: «Abbiamo seminato un seme di libertà, giustizia e amore- scrive su Twiiter-. Valori che loro non conoscono e per questo motivo li temono sopra ogni altra cosa». Claudio Fuentes è stato allontanato con la forza da una mostra cinematografica di giovani registi, insieme ai familiari di Zapata. Un gruppo di agenti della Sicurezza di Stato- fanno sapere i dissidenti- si è messo a gridare insulti ai blogger all’esterno del cinema Chaplin, impedendo l’ingresso in sala.
«In queste ore il nervosismo degli organi repressivi è palpabile», dice la Sánchez. Il cinema Chaplin era circondato dalla polizia che decideva chi far entrare e chi no, allontanando con la forza le persone non gradite. «Fino a quando la cultura sarà al servizio di un’ideologia? Perché dobbiamo sopportare questa assurda esclusione culturale?», si chiede Yoani.
La commissione di diritti umani e la famiglia di Zapata hanno accusato il governo della morte del dissidente, il quale è stato trasferito nel reparto di terapia intensiva quando, secondo loro, la situazione era ormai irreversibile. Il presidente Raul Castro si è detto dispiaciuto della morte di Zapata, negando che a Cuba ci siano torture. Secondo la Ccdhrn, a Cuba ci sono almeno 201 «prigionieri politici». Per le autorità cubane i dissidenti sono «mercenari» pagati dagli Stati Uniti.

NQC - Fonte: "La Stampa.it"

CUBA: MORTO IL DISSIDENTE ZAPATA.

L'AVANA - Il dissidente cubano Orlando Zapata Tamayo, 42 anni, è morto all'ospedale dell'Avana, dove era ricoverato dopo 85 giorni di sciopero della fame. Era stato arrestato nel 2003 e condannato a 36 anni per diversi reati, fra cui vilipendio di Fidel Castro. «È stato un omicidio premeditato» ha detto la madre, Reina Tamayo Dange. Le condizioni di Zapata si erano aggravate martedì mattina: trasferito in un ospedale tra i più attrezzati dell'Avana, è morto poche ore dopo.

«COLPA DEGLI USA» - Il fratello del líder máximo e attuale presidente, Raúl Castro, si è detto dispiaciuto ma ha aggiunto che il decesso è «il risultato dei rapporti con gli Stati Uniti» e del loro comportamento. A Cuba, spiega, «non ci sono torturati, non ci sono stati torturati, non c'e stata alcuna esecuzione. Queste cose succedono alla Base di Guantanamo». Castro ha fatto queste dichiarazioni al Porto di Mariel, mentre era insieme al presidente brasiliano Lula.

USA: LIBERARE 200 DETENUTI - Opposta l'opinione del Direttorio democratico cubano di Miami, secondo cui Zapata «è stato assassinato dal regime castrista che gli ha negato i diritti più elementari». Oswaldo Paya, leader del Movimento cristiano di liberazione, ha aggiunto che è morto per difendere «la libertà, i diritti e la dignità di tutti i cubani». Gli Stati Uniti dal canto loro hanno chiesto «la liberazione immediata di oltre 200 prigionieri politici ingiustamente detenuti». In una nota del Dipartimento di Stato si ricorda che pochi giorni fa una delegazione Usa aveva sollevato la questione della detenzione di Zapata e delle sue cattive condizioni di salute con i funzionari cubani, «sollecitandoli a provvedere con urgenza la assistenza medica necessaria».

«BRUTALMENTE COLPITI» - Zapata aveva avuto il sostegno di Amnesty International in quanto detenuto solo per le sue idee e aveva avviato uno sciopero della fame per protestare contro le dure condizioni cui era sottoposto in carcere. Faceva parte di un gruppo di 75 dissidenti detenuti dal 2003: 53 di loro sono ancora in carcere. Secondo la Commissione cubana dei diritti umani e riconciliazione nazionale (illegale, ma tollerata), una ventina di oppositori sono stati «brutalmente colpiti e fermati» questo mese a Camaguey durante le proteste contro il «trattamento crudele e inumano» subito da Zapata.

IL PRESIDENTE LULA - Nella notte è atterrato a Cuba il presidente brasiliano Lula per incontrare Fidel Castro e il fratello Raul. Giorni fa i 53 dissidenti detenuti gli avevano scritto una lettera chiedendo di perorare la loro causa davanti ai dirigenti cubani. Alcuni dei condannati devono scontare fino a 28 anni in quanto accusati di essere «mercenari degli Usa».

NUCLEO QUADRARO CINECITTA' - Fonte: "La Repubblica.it"

NO ALLA PEDOFILIA - ALDO BUSI E LE SUE ALLUCINANTI TEORIE


Questa mattina in una radio sportiva, il noto conduttore M.C. portava coraggiosamente alla ribalta, in seguito alle numerose segnalazioni fatte dagli ascoltatori alla redazione radiofonica, l’agghiacciante episodio che vede protagonista il “signor” Aldo Busi. Il fattaccio riguarda una gravissima affermazione a sfondo pedofilo che il Busi ha pronunciato durante una puntata del programma “Maurizio Costanzo Show: Uno contro tutti, tutti contro uno”, risalente al 1996. Durante la puntata lo scrittore lombardo, omosessuale dichiarato, esternò un proprio pensiero che già da tempo avvalorava su “Babilonia”, una rivista omosessuale. Il Busi si impegnava a spiegare che c’erano due tipi di “pedofilia”, quella buona e quella cattiva.
Nello specifico, citando le parole dal Corriere della Sera del 15 dicembre 1996: -“Non vedo nulla di scandaloso se un ragazzino compie atti sessuali con una persona più grande” ha detto Busi nel corso della trasmissione, rivelando che sarebbe stato più volte contattato da alcuni genitori che gli avrebbero “affidato” i loro figli giovanissimi … non è peccato se un ragazzino consenziente fa una "sega" ad un adulto …”-.
Alcuni giorni dopo sempre sul Corriere della Sera, gli venne concesso nuovamente spazio per chiarire meglio il suo pensiero. Aldo Busi ci tenne a specificare che per pedofilia “buona” intendeva quella che aveva per “oggetto” i ragazzini di età superiore ai 14 anni (come se a quell’età si possa avere la maturità sufficiente per intraprendere rapporti di natura sessuale con un adulto) e di conseguenza, per pedofilia “cattiva” lo scrittore intendeva quella “criminale organizzata”, che ha per vittime i bambini di età inferiore. Come se le colpe e le intenzioni di chi volesse avere rapporti sessuali con un quattordicenne siano diverse da quelle di chi volesse averne con un bambino di 10 anni. Non ci deve essere distinzioni tra “pedofilia” e “efebofilia”: entrambi sono esempi di “Parafilia”, cioè quell’istinto compulsivo che spinge un adulto verso un bambino non ancora sessualmente sviluppato (pedofilia) o verso un ragazzino sessualmente sviluppato (efebofilia), ed entrambi sono crimini immorali e illegali! Qui non si sta parlando di corpi pronti geneticamente per procreare, quando si parla di pedofilia si intende in un modo più ampio, quei bambini e ragazzini non maturi, non pronti per avere un rapporto sessuale con un adulto o anziano. Le affermazioni di Busi sono le stesse che oggi verrebbero giustamente considerate un inneggiamento alla pedofilia culturale. E continuando, sempre sul noto quotidiano, attaccò anche la Chiesa, condannandola, affinché i suoi dogmi morali non fossero più da intralcio per la libertà sessuale. Dopo aver esposto le sue allucinanti teorie in un programma molto popolare, come il Maurizio Costanzo Show, e dopo essere stato attaccato dalla Chiesa e dalle diverse testate giornalistiche, alcune delle quali gli diedero anche spazi per poter rivedere le sue teorie, anche il TG4, condotto da Emilio Fede, in una fascia oraria di massima visibilità, gli concesse la possibilità di "riformulare", per la terza volta, il suo concetto.
Era il 13 dicembre 1996 e Aldo Busi invece, confermò le sue tesi: “Io sono per la sessualità del bambino” e aggiunse: “Sì, i bambini sono sanamente perversi”.
Dopo le terribili affermazioni fatte, un vespaio di polemiche venne sollevato, al punto che l’attuale Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle politiche per la famiglia, l’On. Carlo Giovanardi, ospite durante quella puntata assieme anche a Vittorio Sgarbi, inviò numerose lettere di protesta e prese una netta posizione di contrasto nei confronti di Aldo Busi, condannandone fermamente le dichiarazioni.
Fin qui il ricordo della triste cronaca. Ora è d’obbligo soffermarci a riflettere su alcuni punti fondamentali.
Come qualcuno di voi forse ricorderà, lo scrittore monteclarense, nel 2003 partecipò al programma televisivo di Canale 5 “Amici” di Maria De Filippi in qualità di insegnante di cultura generale e di comportamento. Ora ce lo ritroviamo come “naufrago” nella trasmissione “L’isola dei famosi”. Mi chiedo come sia possibile.
Nel corso della nostra storia recente, purtroppo, sono stati molti (troppi) gli episodi di “mala-scuola”, che hanno avuto come protagonisti negativi non i soliti deficienti bulli, ma coloro che dovrebbero appartenere alla categoria di educatori e formatori della futura gioventù italiana. E così le cronache quotidiane si sono riempite di porno-professoresse, di maestre d’asilo che picchiano i neonati, di bidelli impazziti o peggio ancora di insegnanti che abusano dei propri alunni, dalle università agli asili nido.
Questi turpi soggetti, sono tutti chi più chi meno, sotto processo o quanto meno sono stati sospesi e allontanati dal loro lavoro. Aldo Busi al contrario, sette anni dopo quelle dichiarazioni, venne chiamato ad insegnare comportamento e cultura agli alunni del noto programma televisivo: allucinante.
Ma non finisce qui. Da tempo si combatte giustamente una battaglia per punire chi bestemmia in televisione, nello sport e nelle manifestazioni pubbliche, affinché certe deprecabili cattive abitudini vengano definitivamente e finalmente estirpate dal nostro vocabolario quotidiano. Numerosi sono gli esempi al riguardo, dai reality show fino alle partite di calcio, in cui i concorrenti venivano tempestivamente eliminati o gli atleti severamente puniti con pesanti squalifiche. Allora perché non applicare la stessa linea di condotta anche con chi si macchia di simili affermazioni come il Busi? Non me ne vorrà il Buon Dio, ma la pedofilia (anche solo verbale) è un reato ben più grave delle imprecazioni sacre. E invece ci ritroviamo tranquillamente in prima serata, sui nostri teleschermi, un soggetto che inneggia molto chiaramente alla pedofilia, cercando di motivarla attraverso deliranti distinzioni anagrafiche. Distinzioni e teorie che fino ad oggi non sono mai state smentite dal diretto interessato. Distinzioni e teorie che non possiamo accettare, ma solo condannare. Ora basta. Siamo stufi di questi pseudo artisti che dietro alla loro natura di radical-chic da quattro soldi, mascherano le loro perversioni e depravazioni, dalla droga fino alla pedofilia. La cosa inquietante è che il video in cui lo scrittore cianciava dal palco del Costanzo nazionale sembra essere sparito dalla rete, come se la gente non avesse memoria o documentazioni alternative. Altro che il Grande Fratello di George Orwell. Roba da far rabbrividire. E incazzare. Evidentemente le “lobby” pedofile sono più radicate e potenti di quel che sappiamo. Fatevi pure un giro su internet, tra organizzazioni per l’amore verso i ragazzini e manifestazioni di candele dai balconi, giornate per l’orgoglio pedofilo fino alle ignobili pagine su facebook. E dopo esservi sentiti male, rivolgete il vostro pensiero ai vostri figli, nipoti e a voi stessi. Un solo messaggio deve passare. Chi si macchia di crimini verso i minori, non deve essere capito, ma severamente punito. NO ALLA PEDOFILIA!

-ACCIO-
NUCLEO QUADRARO CINECITTA’

Di seguito pubblico i link usati come fonti:

http://denunciapedofilia.spazioblog.it/ (il testo integrale dell’articolo di Busi apparso sulla rivista “Babilonia” nel 1996 dal titolo “Scusi, mi dà una caramella?”)

http://www.dalpaesedeibalocchi.com/2009/08/pedofilia-maurizio-costanzo-aldo-busi-vittorio-sgarbi-e-lon-giovanardi-cosa-successe-nel-lontano-1996/ (da cui è stato tratto l’articolo)

http://forum.radicali.it/content/omofobia-e-pedofobia-le-due-facce-della-stessa-medaglia (da galera)

http://www.soschild.org/modules.php?name=News&file=article&sid=446  (da piangere)

http://www.youtube.com/watch?v=cmHRZwLZavA&feature=PlayList&p=A4B8C9050FC965B8&playnext=1&playnext_from=PL&index=31 (il video incriminante)

martedì 16 febbraio 2010

MINACCE DI MORTE AL CONSIGLIERE PROVINCIALE ENRICO FOLGORI (PDL)

Il "Nucleo Quadraro Cinecittà PDL-Giovane Italia" esprime tutta la propria solidarietà al consigliere provinciale l'On. Enrico Folgori per il vile atto intimidatorio e vandalico subito.

Di seguito è raccontata la cronaca del grave episodio, ripresa dalle pagine del sito de "Il Giornale":

"Roma - martedì 16 febbraio 2010
Atto intimidatorio nei confronti del consigliere provinciale del Pdl Enrico Folgori: la sua auto, parcheggiata in via Lucio Mario Perpetuo al Quadraro, è stata oggetto di un atto vandalico. All’interno dell’auto, seriamente danneggiata, è stata rovesciata una tanica di benzina. Inoltre nella parte anteriore e posteriore sono comparsi due identici simboli con falce e martello e la scritta «Folgori boia, morirai». Lo denuncia lo stesso Folgori che aggiunge di essere «spaventato». «Ma chiunque sia stato - conclude - non mi fermerà nella mia attività politica che porto avanti da anni. Certo è abbastanza inquietante che questo atto avvenga proprio in concomitanza con l’apertura della sede del Pdl al Quadraro». A Folgori è giunta la solidarietà del sindaco Alemanno. «Il gesto vigliacco di intimidazione - sostiene il primo cittadino - non deve scoraggiarlo perché ha l’appoggio di tutti noi, come dimostrano ampiamente le attestazioni di solidarietà che sta ricevendo da tutte le forze politiche senza distinzioni. Auspico che gli investigatori individuino rapidamente gli autori di questo gesto: la violenza a Roma non la vogliamo. Né con la falce e il martello né con le svastiche». Solidarietà a Folgori anche da parte del presidente della Provincia Nicola Zingaretti: «Nell’esprimere la mia solidarietà e quella dell’amministrazione provinciale al consigliere Enrico Folgori, vittima di un ingiustificabile e intollerabile episodio di vandalismo e intimidazione, auspico che i responsabili vengano identificati al più presto». Gli ha fatto eco il coordinatore romano del Pdl e deputato Gianni Sammarco: «Un gesto che si commenta da solo - ha detto esprimendo la sua solidarietà - e che spero veda presto incriminati gli autori». Infine per Marco Pomarici, presidente del consiglio comunale «il confronto politico si dovrebbe svolgere civilmente, nelle apposite sedi e con gli strumenti convenzionali, che non sono certo le bombolette spray di qualche provocatore». «Esprimo la mia solidarietà al consigliere del Pdl alla Provincia di Roma, Enrico Folgori, vittima di un gesto intimidatorio messo in atto da ignoti. Sulla sua autovettura, completamente danneggiata, è apparsa una scritta dal sapore inequivocabile di minaccia: «Folgori, boia morirai»."

martedì 9 febbraio 2010

PAOLO DI NELLA 09/02/1983 - 09/02/2010


PAOLO E' VIVO
E LOTTA INSIEME A NOI!

"Noi non siamo uomini d'oggi, siamo nati in un tempo sbagliato. Ma siamo nati per davvero."
Paolo amava il suo quartiere, e proprio in nome di questo amore aveva programmato una battaglia per l'esproprio di Villa Chigi, che voleva far destinare a centro sociale e culturale. Per far partecipare gli abitanti del quartiere a questa battaglia sociale, il 3 febbraio sarebbe dovuta cominciare una raccolta di firme. Paolo, impegnato in prima persona nell'iniziativa, aveva dedicato gran parte della giornata del 2 ad affiggere manifesti che la rendevano pubblica. Dopo una breve interruzione, l'affissione riprese alle 22. Durante il percorso non ci furono incidenti, anche se Paolo e la giovane militante che lo accompagnava, notarono alcune presenze sospette. Verso le 0.45 Paolo si accingeva ad affiggere manifesti su un cartellone situato su uno spartitraffico di piazza Gondar. Qui sostavano due ragazzi che, appena Paolo voltò loro le spalle per mettere la colla, si diressero di corsa verso di lui. Uno di loro lo colpì alla testa. Poi, sempre di corsa, fuggirono per via Lagotana. Paolo, ancora stordito per il colpo, si diresse alla macchina, da dove la ragazza che lo accompagnava aveva assistito impotente alla scena.Dopo essersi sciacquato ad una fontanella la ferita ancora sanguinante, Paolo riportò in sede i manifesti e il secchio di colla. Verso l'1.30, rientrò a casa. I genitori lo sentirono lavarsi i capelli, muoversi inquieto e lamentarsi. Lo soccorsero chiamando un'ambulanza, che però arrivò quando ormai Paolo era già in coma. Solo nella tarda mattinata del giorno dopo, il 3 febbraio, Paolo venne operato, e gli vennero asportati due ematomi e un tratto di cranio frantumato. Le prime indagini furono condotte con estrema superficialità dal dirigente della Digos romana incaricato del caso, il dottor Marchionne. Non ci furono infatti né perquisizioni, né fermi di polizia tra gli esponenti dell'Autonomia Operaia del quartiere Africano. La ragazza che era con Paolo, unica testimone dell'agguato, venne interrogata dagli inquirenti che, più che all'accertamento dei fatti, sembravano interessati alla struttura organizzativa del Fronte della gioventù e ai nomi dei suoi dirigenti, magari per dar corpo all'ignobile storiella della "faida interna". L'istruttoria sembrò avere una solerte ripresa quando al capezzale di Paolo arrivò anche l'allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Passato però il momento di risonanza dovuto a questo gesto, tutto tornò ad essere chiuso in un cassetto. La sera del 9 febbraio, alle 20,05, dopo sette giorni di coma, la solitaria lotta di Paolo contro la morte giunse a termine.

Seguirono giorni di forte tensione, in cui finalmente gli inquirenti si decisero, almeno apparentemente, a dare concretezza alle indagini. Vennero finalmente fatte alcune perquisizioni nelle case dei più noti esponenti dei Collettivi autonomi di Valmelaina e dell'Africano. Uno dei massimi sospettati era Corrado Quarra, individuato perché non nuovo ad aggressioni a ragazzi di destra. Dopo aver tentato varie volte di sottrarsi all'incontro con i magistrati, comportamento che non fece altro che confermare i sospetti su di lui, venne arrestato per caso la notte del 1 agosto 1983. In un confronto all'americana Daniela, la ragazza che era con Paolo quella notte, lo riconobbe come colui che materialmente lo aveva colpito. In conseguenza dell'avvenuto riconoscimento il fermo di polizia a suo carico divenne ordine di cattura per omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Dopo tre mesi di silenzio, il 3 novembre, la ragazza venne convocata per il secondo riconoscimento. Concentrandosi sulle caratteristiche somatiche della persona che accompagnava lo sprangatore, Daniela indicò il secondo presunto aggressore.A questo punto si rivelò il tranello in cui era caduta: il giovane da lei riconosciuto non era l'indiziato, ma un amico da lui appositamente scelto. Inoltre costui non doveva essere riconosciuto come complice dello sprangatore, ma come alternativa al Quarra nella persona dello sprangatore. A questo punto il giudice istruttore, dottor Calabria, disse alla ragazza che, se aveva sbagliato il secondo riconoscimento poteva aver sbagliato anche il primo. Discorso finalizzato a facilitare la scarcerazione del Quarra che avvenne il 28 dicembre.

Questo proscioglimento, che segnò la fine delle indagini sull'omicidio di Paolo, fu passato sotto silenzio.

(Fonte: testo e immagini tratte dal dossier redatto dal Nucleo Trieste-Salario)