martedì 16 marzo 2010

IN MEMORIA DI ANGELO MANCIA 12-03-1980 / 12-03-2010

30 ANNI SENZA GIUSTIZIA!!!

Roma, 12 Marzo 1980
Una data impressa a fuoco, nella lunga e travagliata storia della nostra repubblica. Il luogo è questo: una strada qualunque della periferia nord di Roma, la Bufalotta. Un cancelletto di acciaio bianco socchiuso e un muretto.

12-03-‘80
Angelo Mancia esce di casa alle 8.20 del mattino, per andare a lavorare al “Secolo d’Italia”, dove lavorava come dipendente. Sta per salire sul motorino ma basta un colpo d’occhio. Anni di piombo, si vive nell’inquietudine, qualcosa non va: c’è un furgone bianco davanti al portone, lo sportello si apre, escono due tizi vestiti da infermieri. Sono (si scoprirà poi) di un gruppo mai sentito prima, “Compagni organizzati in volante rossa”. Hanno passato la notte chiusi nel pullmino, con cui si allontaneranno, dopo l’azione, per passare poi a una Mini Minor rossa, darsi alla fuga, dissolversi nel nulla. Intanto Angelo pensa: forse ce la faccio. Forse ce la posso ancora fare …

Angelo era figlio di una famiglia di piccoli commercianti, e se non avesse sentito l’irresistibile richiamo della giungla della politica, probabilmente avrebbe realizzato uno dei suoi desideri, cioè aprire un negozio di alimentari nel quartiere. Era tifoso sfegatato della Lazio, seguiva sempre la squadra, quando poteva anche in trasferta. A ventisette anni, come gli ripete la madre, “è senza arte né parte”. Ma è un militante vero. E’ l’immagine di un ragazzo temerario, un po’ guascone, ma che quando accompagna Almirante in giro per l’Italia si presenta come “Angelo, della sezione Talenti, la mejo de Roma”. Un giovane appassionato e irruento. Amato e rispettato dai suoi camerati, inviso e temuto dagli autonomi che fanno riferimento al Collettivo di Val Melaina. E proprio loro, a seguito del barbaro omicidio di Valerio Verbano da parte dei NAR, decidono di vendicarsi su Mancia. Chiunque sia il vero assassino, per una sorta di responsabilità territoriale, è Angelo a finire nel mirino della sinistra extraparlamentare, anche se ovviamente non c’entra niente.

12-03-‘80
L’unica cosa che gli viene in mente, ad Angelo, è tirargli addosso il motorino. E infatti il Benelli vola contro gli aggressori. Il primo colpo, a vuoto, infrange una vetrina.

Ma Angelo non era uno che si può raccontare con le categorie di oggi. Era uno unico, diverso, un camerata che non aveva paura di nulla, ma non certo un insensibile. Sono i ricordi di chi l’ha conosciuto. Di chi con lui, tre giorni prima che l’ammazzassero, stava cenando in una pizzeria. E la mente riporta alla luce l’attentato a Verbano e che i comunisti avevano deciso che quello da far fuori era lui. La sezione Talenti letteralmente ricoperta di scritte, insulti, minacce di morte di cui la più tenera era qualcosa del tipo: “Mancia è giunta la tua ora, ti ammazzeremo come un cane”. Il suo amico era preoccupato davvero e lo pregò: “Ma che fai, non ti proteggi? Stai attento!” E lui: “Mannò, non è niente … Io nun c’ho paura”. Ma verso la fine della cena, complici due o tre bicchieri, guardando il suo amico in faccia, con una strana luce negli occhi, invece di tranquillizzarlo, all’ennesima insistenza, gli chiese: “Ma tu che dici? Noi fascisti, quando moriamo dove annamo a finì? All’inferno o in paradiso?” In questi anni non c’è tempo nemmeno per i morti, figuriamoci per i vivi; eppure spesso sopravvivere è più difficile che morire.

12-03-‘80
Una pallottola ce l’hai già nello stomaco, la seconda ti perfora il torace, ma sei vivo. Allora corri zoppicando verso il portone, basterebbe un momento: ma mentre lo pensi arriva un altro proiettile e ti schianta a terra. Manca poco.

I “Compagni organizzati in volante rossa” furono una sigla pressoché sconosciuta agli inquirenti. Le loro tracce sono labili e incerte, se non addirittura misteriose. Ebbero il loro triste battesimo del fuoco nel 1979, con un attentato in cui sono rimasti gravemente feriti un medico missino e suo figlio. Il 7 maggio 1980 hanno colpito ancora, stavolta con un attentato dinamitardo contro la tipografia Alternativa, la stessa dove si stampa –oltre a diversi periodici socialisti e democristiani- il Secolo d’Italia. Il 9 marzo dello stesso anno, attaccano i locali della famosa sezione di via Sommacampagna, quella di Teodoro Bontempo, Gianfranco Fini e Maurizio Gasparri. Se i due futuri dirigenti e l’ex presidente di An sono ancora vivi si deve a una pura coincidenza. Un militante è entrato in un ripostiglio per prendere un barattolo di colla e si è ritrovato davanti a un ordigno ad orologeria collegato a sei chili di polvere da mina. Poteva essere una strage. Il 13 marzo un altro attentato, stavolta contro il redattore capo del Secolo d’Italia e un’altra strage evitata per miracolo. Il 2 settembre i terroristi fanno saltare per aria anche la libreria Europa, il cuore editoriale della corrente rautiana. Poi più niente. Venti mesi di attentati pianificati con cura meticolosa e attenta graduazione degli obiettivi, per poi sparire senza lasciar tracce, come volatilizzati nel nulla.

12-03-‘80
In terra un lago di sangue. Tendi la mano verso il portone, ti manca il fiato, non ce la fai. Uno dei due killer ti arriva alle spalle, la pistola in mano. Solo un colpo alla nuca, poi il buio. Contro il corpo sono stati esplosi sei colpi di pistola calibro 7,65 che, rivelerà l’autopsia, sono andati tutti a segno. L’ultimo è stato quello di grazia. L’attentato viene rivendicato da una telefonata a la Repubblica: “Qui Compagni organizzati in volante rossa. Abbiamo ucciso noi il boia Mancia”.

Un boia? No! Nella memoria di chi lo conosceva, un puro, d’animo e di cuore. Uno che non guardava in faccia a nessuno. Un leader vero. Un capo che ti motivava e che scendeva per primo nelle strade a lottare per un ideale. Un ragazzone buono ma determinato. Era una tigre, e non a caso in quei giorni, in cui spopolava sui teleschermi “Sandokan”, se ne uscì con un gigantesco bandierone sulla sua 500, con scritto sopra: MANCIOKAN. Era così Angelo.

Il giorno del funerale di Mancia, dopo la cerimonia, si verificano incidenti per le strade del centro cittadino: restano ferite dodici persone. Il partito è un calderone ribollente di rabbia. Il cadavere è ancora caldo, la piazza ancora una volta piena, il comizio di Giorgio Almirante incandescente: “Al bestiale e blasfemo urlo dei barbari noi opponiamo le grida degli uomini forti e vivi che per ogni caduto sono pronti a combattere nel tuo nome, Angelo, con il metodo della libertà, per la libertà."

Oggi, nel trentennale della morte di Angelo Mancia, quelle parole non si sono asciugate nell’inchiostro di un manifesto o nel rito della commemorazione. E’ un epigrafe che diventa grido, urlo. Contro un martirio che da trent’anni aspetta risposta. Che non ha giustizia. Perché nessuno verrà mai arrestato, nessuno verrà mai indagato o processato. Nessuno si pentirà mai o parlerà. Eppure chi fossero gli assassini era chiaro a tutti. Avevano firmato perfino un manifesto il giorno seguente il vile attentato, con cui vigliaccamente avevano tappezzato il quartiere. Eppure le autorità non fecero niente. Ma noi non dimentichiamo, e nella nostra memoria è inciso come segno indelebile, l’esempio del suo estremo sacrificio. E allora una piccola rivincita, doniamogliela noi, col cuore puro. Perché a trent’anni di distanza e per mille anni ancora, leviamo sempre forte quella voce, che senta bene fra le stelle, che chi cade combattendo non muore mai:

“CAMERATA ANGELO MANCIA … PRESENTE!”


Fonte: rielaborazione critica a cura di Accio, del capitolo "Manciokan era così", del libro "Cuori Neri" di Luca Telese.

4 commenti:

  1. La sinistra se li sogna UOMINI cosi!
    ONORE e GLORIA al camerata ANGELO MANCIA!!!
    uno di noi!
    Antonio

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  2. Era un poraccio che si divertiva a fare il picchiatore. Guerra di bande con una verniciatura politica (nera o rossa, le dinamiche erano simili).
    Meno male che quel tempo è passato.
    Roberto (un altro che ha attraversato quei tempi senza farsi troppo male).

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  3. camerata angelo mancia
    PRESENTE PRESENTE PRESENTE

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  4. roberto sparati

    ma chi erano quelli del manifesto del giorno dopo ? quelli dival melaina ? ma nessuno gli ha mai sparato ??

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